L’Oratorio di Santa Caterina fu edificato entro il 1354 da Jacopo e Giovanni coi nipoti Bernardo e Benedetto della potente famiglia degli Alberti. All’esterno l’oratorio è un semplice edificio con pareti di bozze di alberese, come ce ne sono tanti nella campagna toscana. Ma dentro è un tripudio di colori! La prima campata e la scarsella sono impreziosite da una splendida decorazione a fresco che narra le Storie di Santa Caterina d’Alessandria, protettrice dei giudici e dei notai, venerata per tutto il Medioevo per la sua sapienza.
La campagna decorativa prese avvio verso il 1360 dalla scarsella, dove lavorarono il Maestro di Barberino e Pietro Nelli, pittori attivi in particolare nella seconda metà del Trecento.
Solo dopo trent’anni di stallo la decorazione riprese, per rispettare le volontà espresse da Benedetto di Nerozzo degli Alberti nel testamento del 1387. Ne fu incaricato Spinello Aretino, abile pittore molto affermato verso la fine del secolo, che affrescò vivacemente la prima campata con nuove scene della vita della santa.
Leggendoli a partire dalla lunetta della parete destra troviamo: la Conversione e il Battesimo di Caterina, impartito da un monaco eremita; il Matrimonio mistico della santa con Gesù Bambino e la scena in cui Santa Caterina rifiuta di adorare gli idoli come ordinatole dall’imperatore Massenzio. Sulla parete opposta: la Disputa con i filosofi pagani e il Rogo dei sapienti, cioè il martirio di quelli che Caterina aveva convertito al Cristianesimo; una doppia scena ambientata in prigione illustra la Conversione dell’imperatrice Faustina e di Porfirio, capitano dei soldati, e la Visita di Cristo alla santa; segue la Decapitazione di Porfirio e dei soldati convertiti.
Le storie terminano sopra l’arco trionfale con il Martirio della santa per decapitazione e il Trasporto del corpo sul Monte Sinai grazie agli angeli. Spinello affrescò inoltre busti di Profeti sotto le scene principali e i quattro Evangelisti nelle vele della volta. Gli stemmi Alberti sono frequenti e i loro quattro bracci di catena su fondo azzurro decorano anche le nervature della volta.
Sull’altare si trova la copia del trittico che Agnolo Gaddi realizzò per l’oratorio; l’originale fu trafugato nel 1921 e dopo il suo ritrovamento è conservato nei depositi degli Uffizi.
Con la rovina della famiglia Alberti per l’oratorio cominciò un lungo periodo di decadenza.
Nel 1626 il rettore Francesco Venturi fece costruire la sacrestia, aprendo peraltro una porta che causò la perdita della parte inferiore della figura di Sant’Antonio Abate di Pietro Nelli. Fu forse lo stesso Venturi a promuovere l’imbiancatura degli affreschi della scarsella, mentre quelli di Spinello restarono sempre a vista, anche nel periodo in cui l’oratorio fu destinato a uso colonico.
L’attenzione per le sorti dell’oratorio si riaccese nell’Ottocento, ma solo a partire dall’inizio del secolo successivo furono intrapresi restauri alla struttura e agli affreschi, l’ultimo dei quali realizzato nel 1996-1998. L’oratorio, dopo numerosi passaggi di proprietà, è stato acquisito dal Comune di Bagno a Ripoli nel 1988.
Domenica, 10.00-13.00
Giorni feriali su prenotazione
Chiuso il 1 gennaio, 25 dicembre, Pasqua
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