Greve in Chianti nasce come mercatale cresciuto sulla strada che scendeva lungo il torrente Greve, luogo di mercato per i contadini che vivevano sulle colline. Sul mercatale di Greve, incentrato urbanisticamente sulla suggestiva piazza triangolare ancora cinta di portici, convergevano gli interessi di vari borghi dei dintorni, i più importanti dei quali erano Montefioralle, Panzano, Lamole e Lucolena. Un territorio punteggiato da ville, castelli e antiche case contadine, ormai meta di turismo internazionale. Molti dei numerosi castelli e “case da signore” medievali sono stati trasformati in ville e fattorie, come Uzzano, Vicchiomaggio, Mugnana, e Verrazzano, che appartenne alla famiglia del navigatore Giovanni. Sulla piazza Matteotti, ancora oggi fulcro della vita pubblica del paese, si affacciano il palazzo del Comune di Greve e, sul vertice estremo, la propositura di Santa Croce.
Il castello è dal 2019 tra i Borghi più belli d’Italia. In passato noto come Monteficalle, divenne nel Settecento Montefioralle. Il più antico ricordo risale al 1088, quando viene rogato un atto nel castro Monteficalli. In epoca successiva il castello e il borgo furono di proprietà dei Ricasoli, dei Benci di Figline, dei Gherardini di Montagliari. L’importanza del luogo derivava dal trovarsi lungo la Via del Guardingo di Passignano, un’antica strada che collegava le tre principali valli del contado fiorentino meridionale – Val d’Elsa, Val di Pesa e Val di Greve – col Valdarno Superiore. Il paese si è sviluppato intorno alla parte più elevata corrispondente all’antico insediamento feudale, assumendo una pianta ellittica. Le mura (fine XIII-inizio XIV secolo), sono in buona parte ancora oggi conservate, con le tre porte di accesso e resti di alcune torri convertite in abitazioni.
Nel 982 nelle pergamene della Badia di Passignano si parla di una pieve di San Leolino a Flacciano, ma le sue origini sono probabilmente più antiche, come suggeriscono due lastre di arenaria decorate con motivi tipici dell’VIII-IX secolo, conservate in chiesa. Nel XII secolo l’edificio fu ricostruito in forme romaniche e assunse la denominazione di San Leolino a Panzano, derivatole dal vicino castello. All’interno sono conservate numerose opere, tra cui un trittico attribuito al senese Maestro di Panzano e la preziosa tavola di Meliore di Jacopo con la Madonna col Bambino e i Santi Pietro e Paolo e loro storie. Sull’altare maggiore è il trittico di Mariotto di Nardo con la Madonna col Bambino e Santi, proveniente dall’Oratorio di Sant’Eufrosino, mentre ai lati si trovano due tabernacoli in terracotta invetriata attribuiti a Giovanni della Robbia (c. 1515). Presso la controfacciata un affresco col Battesimo di Cristo della maniera di Raffaellino del Garbo sovrasta il fonte battesimale cinquecentesco.
• Indirizzo: Panzano in Chianti, località San Leolino 1
• Contatti: 339 6525404 (Comunità di San Leolino)
La tradizione vuole che l’oratorio sia sorto sulla tomba del santo, considerato l’evangelizzatore del Chianti, che qui visse e morì probabilmente intorno al VII o VIII secolo d.C. L’oratorio, il cui aspetto attuale risale al Quattrocento, è ricordato in una bolla di papa Pasquale II del 1102 e le origini romaniche sono attestate da alcune strutture inglobate nella facciata e nel fianco destro. All’interno, nell’aula unica, rimangono ai lati due mense d’altare con la settecentesca statua-reliquiario di sant’Eufrosino e nella scarsella un’edicola in pietra dove venivano esposte le reliquie del santo. La storica carenza d’acqua nella campagna chiantigiana diede origine alla venerazione di una fonte qui presente, come documenta la piccola cappella dietro l’oratorio, al cui interno è un altare in pietra del XII secolo arricchito con interessanti bassorilievi e dotato di un foro dal quale doveva intravedersi l’acqua della fonte.
La pieve è nelle carte della Badia di Passignano dall’inizio dell’XI secolo. Una lapide presso l’abside ne ricorda la consacrazione nel febbraio 1077 ad opera del cardinale Pietro Igneo e di Guglielmo vescovo di Fiesole. Tracce dell’antica costruzione romanica rimangono sul lato sinistro e sull’abside, ma i restauri in stile tra Otto e Novecento hanno comportato, oltre al rifacimento del campanile e della facciata, la totale trasformazione dell’interno le cui strutture originarie risultano occultate. Sull’altare a destra sta la Madonna del Rosario, opera firmata da Francesco Curradi (1570-1661). Sulle lunette e sulle volte sono visibili affreschi ottocenteschi con le Virtù e Storie di un Santo domenicano e inoltre Storie di Sant’Antonio da Padova. L’affresco della cupola con una Gloria di angeli a finto mosaico è invece opera dei primi del Novecento, epoca a cui risalgono le aggiunte nella navata di sinistra dell’altare e del fonte battesimale.
Ricerche storico-archeologiche sono state condotte dal 2000 al 2010 sulla collina del Castellaccio di Lucolena, uno dei siti più rappresentativi del territorio grevigiano, anche per la particolare figura del suo ultimo proprietario, il ghibellino Cante da Lucolena, condannato tre volte dalla Repubblica Fiorentina tra Due e Trecento, di cui l’ultima insieme a Dante Alighieri (“Libro del Chiodo”). I ruderi messi in evidenza presentano alzati che variano da pochi decimetri a circa due metri, inseriti in un contesto forestale. Dalle indagini, che si sono concentrate sul cassero a nord e sulla torre e parte del borgo a sud, il Castellaccio sembra aver vissuto almeno tre fasi costruttive in epoca medievale. La prima costruzione è probabilmente la torre del cassero (XI-XII secolo), costruita con filari regolari di arenaria tagliata in medie dimensioni con raffinata finitura. La seconda fase è rappresentata da ambienti di grandi dimensioni sempre a nord, con paramenti murari più irregolari e databili a un periodo più tardo rispetto alla torre, insieme alla prima cinta muraria. Significativo il ritrovamento in quest’area dei resti di un forno per la cottura di cibi, probabilmente ad uso comune, e della porta di accesso. All’ultima fase edilizia corrispondono probabilmente la seconda cinta muraria e un’altra torre, a sud della quale si trova una cisterna rettangolare addossata alle mura. Presso la torre nord sono state rinvenute inoltre ceramiche etrusco-romane (III secolo a.C.); presso la torre sud altri elementi hanno evidenziato la frequentazione del sito fino al periodo tardo-repubblicano/primo impero (I secolo a.C. e d.C.); monete medievali datano la frequentazione del sito tra X-XI e inizio XIV secolo.
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